Domenica scorsa si è celebrata presso la sala congressi dell’Hotel Melià di Milano la prima Convention Europea Ufficiale su Michael Jackson. All’evento mediatico hanno partecipato numerosi ospiti: Brian Oxman, Kathryn Milfsky, il rabbino Shmuley Boteach, e Sony Pictures Italia. Un appuntamento per discutere e approfondire la vita professionale e umana della popstar Michael Jackson svelando particolari non ancora noti al grande pubblico. In particolar modo il rabbino Shmuley Boteach si è dilungato molto su alcuni aspetti della vita del Re del Pop che sono stati trascritti nel suo libro.
Il rabbino ha avuto modo di parlare del suo libro, intitolato “Il libro che Michael Jackson avrebbe voluto farti leggere“, che è nato dalle registrazioni effettuate tra agosto 2000 e aprile 2001. L’ha voluto fare solo ora dopo la morte della grande popstar statunitense perchè ha voluto rivelare il Michael Jackson autentico, l’amico genuino e innocente. Il loro rapporto di amicizia si è poi interrotto perchè secondo il rabbino il cantante non accettava più le critiche nei confronti del suo stile di vita.
Il rabbino Shmuley Boteach è stato anche ospite ieri mattina di “Mattino 5” programma di canale 5 condotto da Federica Panicucci. Per l’occasione sono stati letti alcuni passaggi molto delicati del libro che raccontano la ricca ma triste infanzia vissuta da Michael Jackson. Il padre Joe Jackson considerato un padre violento e poco attento alle sensibilità dei figli viene descritto come un orco spietato che si divertiva a torturare Michael Jackson quando era bambino mediante un vero e proprio rituale. Questo il racconto di Michael Jackson trascritto dal rabbino.“Prima -dichiarò Michael Jackson- ti faceva spogliare nudo, poi ti ungeva tutto. Era una sorta di rituale e quando la frusta ti colpiva era come morire. Avevi frustate su tutta la faccia e su tutta la schiena, dappertutto. Sentivo mia madre che urlava: ‘No, li ammazzerai!’”. Shmuley Boteach racconta altri dettagli della difficile infanzia di Jacko. “Da piccolo -ha dichiarato il rabbino- suo padre gli ripeteva che era brutto. Michael voleva avere un rapporto affettuoso con suo padre e mi diceva che tutto quello che aveva fatto nella sua carriera lo aveva fatto per essere amato e per sentirsi amato. Ha sempre avuto un rapporto difficile con il padre, che voleva farsi chiamare per nome, Joseph, e non papà, e che considerava suo figlio - prosegue Boteach- una macchina da soldi e lo puniva duramente quando Michael non faceva quello che lui gli chiedeva”.
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